IL MISTERO DEL SOLE SCOMPARSO

 

 

                                                                                                                                  Di Fernando Foroni

 

Apparentemente era un giorno come tutti gli altri; il Sole, come sempre, illuminava e scaldava la Terra, la quale, come sempre, lentamente si girava per assicurare l’alternanza del giorno e della notte.

Un nuovo pensiero si era però fatto strada nell’animo di quel giovane e vecchio astro.

«L’universo è vastissimo, perché allora continuare a restare qui a servire quell’insulso pianeta? Mettano un’altra stella al mio posto, ce ne sono tantissime che non fanno nulla e che potrebbero benissimo svolgere il mio compito! Eh, un po’ per uno! E io che ho già fatto tanto ho tutti i diritti per andarmene in vacanza».

A questo pensava il Sole, ancor trattenuto tuttavia al suo posto, un po’ dalla paura di quello che in certi momenti gli appariva un salto bel buio, e soprattutto dalla sua coscienza che, benché prepotentemente tacitata, nel ricordargli i suoi sacri doveri, gli faceva presagire le tristi e drammatiche conseguenze di quella gravissima disobbedienza che era tentato di commettere. Così continuava a starsene inchiodato al suo posto, ma sempre più forte era l’attrazione della libertà, dell’avventura e perché no? della novità e del rischio… Poi un giorno: «Basta, voglio andarmene, voglio vedere ed esplorare quest’universo grandioso; non ne posso più di questa stressantissima routine, voglio cambiare vita!»  Detto questo si allontanò dalla sua postazione.

Che bello, viaggiare tra le stelle senza preoccuparsi di assolvere un compito; poter procedere a zig-zag senza regole, senza percorsi prestabiliti… L’unico rammarico era questo: «Ma perché non ci ho pensato prima?! Quanti secoli di vita ho sacrificato senza avere in cambio niente! E con l’umiliante convinzione di essere stato creato solo per far bella la Terra. Eh no! Adesso basta! Io saprò cavarmela benissimo da solo, mica ho bisogno di essere riscaldato! E la vanagloriosa Terra si arrangi! Ma non sarà in grado di arrangiarsi; essa diventerà un pallone gelato e privo di esseri viventi, mentre io, al contrario, vivrò una vita più libera e piena! Per la Terra io ero tutto: vita, luce e calore; mentre per me quella era solo un peso, una palla al piede, direbbero gli uomini, un odioso e assurdo impedimento alla mia libertà!»

Naturalmente era stato il diavolo a insinuarsi nel suo animo e a ispirargli questi pensieri. Ora il grande tentatore gioiva e sguaiatamente rideva: «Gua, gua, gua, che magnifica trovata è stata la mia: convincere il Sole ad andarsene! Sulla Terra la vita scomparirà e così il progetto della Redenzione non potrà essere attuato. Che impresa questa! Ben superiore alla tentazione su Adamo. Intanto gli astri sono più abitudinari e ostinati degli uomini e quindi più difficili da convincere, ma soprattutto questo mirabile colpo mi dà la vittoria definitiva! Perché estirpando la vita oggi, impedisco pure la Redenzione di “domani”! Certo, Dio con la sua potenza potrebbe rimediare subito al misfatto, ma sono quasi sicuro che non lo farà. Fedelissimo al principio dell’autoregolamentazione universale non interviene con prodigi anche a costo di lasciare persone buone e innocenti in balia di carnefici! E pure stavolta, per rispetto di questo suo principio, non sarebbe intervenuto. Un Dio onnipotente che da solo si è legato le mani! Bisogna approfittarne».

A questo pensava il gran tentatore più che mai compiaciuto della sua astuzia davvero diabolica ed anche della sua “libertà”.

A differenza del suo Avversario, l’angelo nero non aveva principi morali o coerenze da mantenere. La gratitudine, per esempio, per lui non era mai condizionante. Addirittura non l’avvertiva affatto e proprio in quel momento stava ripagando con la peggiore ingratitudine possibile colui che lo aveva creato.

In conclusione, il Principe delle tenebre si vantava di essere addirittura molto più libero del suo creatore; in realtà non ammetteva neppure a se stesso quanto misera e ristretta fosse la sua tanto ostentata libertà. Tutte le dolcezze dell’amore e dell’affetto gli erano negate; Sole gli restavano le cupe e sguaiate gioie del tentatore malefico.

Comunque in quel momento era al massimo dell’euforia, più che mai convinto di aver messo a segno il colpaccio vincente.

«Niente Redenzione e quindi niente più salvezza per nessuno; le anime saranno pertanto tutte mie! Gua, gua, gua!!! Senza contare che ho spinto alla dannazione anche quello stupido Sole, eh, eh, eh, eh! A nulla gli gioveranno la sua grandezza e la sua potenza; la giustizia divina prima o poi lo avrebbe raggiunto e… fatto sprofondare nello spaventoso polo multiuniversale. Là, montagne ghiacciate molto più alte di lui lo avrebbero stretto in una morsa e seppellito sotto giganteschi blocchi di neve. Che gusto! – pensava poi tra sé – vedere quell’astro stolto e vanesio spegnersi come una torcia e tuttavia conservare quel tanto di vita per piangere sulla sua miseria e disperarsi per lo splendore perduto! Oh, oh, oh, oh, dopo aver fatto cadere l’uomo, ho fatto cadere anche il Sole! Come sono astuto, come sono astuto!!»

E la sua fantasia correva ancora più avanti: «E dopo… dopo… si potrà addirittura tentare la rivincita nei confronti di Michele. Non c’è due senza tre; dopo aver sistemato l’uomo e il Sole, regoleremo i conti anche con gli angeli. Questi due successi ci daranno una carica travolgente, credo che ce la faremo! Intanto, godiamoci questo eccezionale spettacolo!»

Seguiva il Sole nella sua corsa calcolando continuamente il tempo. «A quest’ora la Terra sarà in agonia!»

E proprio mentre faceva questa riflessione, fu salutato da cori di evviva! Erano gli altri diavoli che già lo salutavano come vincitore! Ma Satana li frenò subito: «Non è ancora tempo di festeggiare; anche se la vittoria appare molto vicina, è presto per esultare. Esiste ancora qualche possibilità che il Sole si penta e torni indietro. Se lo facesse, farebbe forse ancora in tempo a riparare. E voi state nascosti, non fatevi notare; non è prudente irritare la controparte prima di aver raggiunto la completa vittoria. Io, devo ancora vigilare. Non posso godermi lo spettacolo della Terra che agonizza e che muore; devo restare a contrastare un eventuale pentimento!»

Era infatti questo che ancora lo tratteneva, mentre la curiosità lo attirava fortissimamente verso la Terra. Riuscì però a vincere questa tentazione con la ferma intenzione di non lasciare nulla al caso. E infatti, nonostante la vittoria apparisse vicina, nel suo profondo ancora temeva… Gli sembrava infatti impossibile che Dio Onnipotente, pur nel rispetto dell’autoregolamentazione universale, non tentasse nulla, almeno per vie indirette e impalpabili, per parare il colpo!

Ma come?

In un modo solo: inducendo il Sole a pentirsi.

«Una via senz’altro pericolosa, ma lui accetterà il rischio, ne sono pienamente convinto… Perché la salvezza universale non può avvenire per costrizione».

Ecco perché il Signore dell’universo accettava la terribile sfida in una situazione di estremo svantaggio!

Avrebbe tentato disperatamente di riattivare la coscienza dell’astro fuggitivo fin che era in tempo, poi… avrebbe accettato la sconfitta.

 

Intanto il Sole, dopo l’euforia dei primi giorni s’era fatto inquieto. Gli scenari che vedeva eran sempre gli stessi, ma soprattutto quel vagare senza meta lo faceva sentire inutile.

Gli era stata affidata una missione nobilissima e l’aveva abbandonata!

Per cosa??? Per un insensato capriccio!

Dentro di sé avvertiva un immenso vuoto. Com’era finito presto l’inebriante piacere del proibito! Cosa gli restava ora? Noia, delusione, insoddisfazione.

E non solo!

Anche una crescente inquietudine. E con questa l’amara sensazione che quell’avventura iniziata con tanta leggerezza sarebbe finita molto, ma molto male.

Poi cominciò a udire i giudizi delle altre stelle: «Quale follia fu quella di fratello Sole! Tutte noi gli invidiavamo quel sacro privilegio di riscaldare e vivificare la Terra, e lui se ne è andato!»

Sentendo ciò il Sole, comprese tutta la sconsideratezza del suo gesto e soprattutto l’estrema gravità della sua colpa.

«Me miserabile! Me sciagurato, me ingrato! Per un’insana voglia ho violato le sacre leggi universali! E quanto mostruoso è stato il mio egoismo! Ho messo il mio desiderio al di sopra della vita presente e futura».

Che orrendo delitto!!! Ma era molto più di un delitto! Era l’estirpazione di tutta la vita umana, animale e vegetale.

Un peccato che più di ogni altro offendeva Dio, perché ne impediva i futuri piani non soltanto di vita, ma anche di Redenzione e salvezza del mondo.

E riparare almeno in parte con un precipitoso ritorno? Troppo tardi anche per questo! Con un solo gesto aveva condannato il mondo e sé stesso. Perché allora tornare? Tanto valeva allora godersi fin che gli era concesso quell’amara libertà.

Ma pur sforzandosi non ci riusciva. Anzi, sempre più pensava con terrore al suo destino di astro dannato.

Quello che prima aveva cercato di ignorare, ora gli affiorava insistentemente alla coscienza. Immaginava se stesso già nel luogo della dannazione, tra quelle montagnone spettrali che lo avrebbero sommerso di neve e di ghiaccio trasformandolo in un misero tizzone fumante!

E al solo pensiero quel gigante di fuoco avvertiva già… brividi di freddo!

Certo la misericordia di Dio è immensa, ma come sperare il perdono dopo una colpa simile? Una colpa dalle conseguenze infinite?

E se non c’era possibilità di perdono, che senso aveva tornare? Vedere gli effetti della colpa e fors’anche sentire i rimproveri di Dio gli avrebbe solo inasprito la sofferenza. Queste ragioni non erano ispirate dal diavolo, ma quest’ultimo si adoperava per rafforzarle ed amplificarle al fine di renderle prevalenti su quelle che gli consigliavano il ritorno. Perché, effettivamente, dentro di lui c’era la lotta, il dubbio, l’indecisione estrema.

Pensava infatti in certi momenti: «Il danno arrecato è gravissimo e irreparabile; a che mi gioverà nascondermi, sfuggire allo sguardo di Dio? Sarebbe presto venuto il momento di sostenere il suo duro, ma giustissimo rimprovero, meglio allora farsi forza e tornare di corsa nella speranza – a quel punto assai improbabile – di salvare anche una sola vita ed anche per cercare di attenuare con un atto di coraggio e di contrizione il rigore della giustizia divina».

Ma la paura gli toglieva le forze e quasi lo bloccava in quella parte di universo buia e poco ospitale abitata da squallide stelle nane e attraversata da gigantesche meteore lanciate a pazza velocità e dalla traiettoria imprevedibile; alcune scomparivano nel suo ventre infuocato, senza provocargli danno, ovviamente, ma procurandogli una strana sensazione di ribrezzo.

Finalmente si decise a tornare, ma prese una via sbagliata. Non era abituato a girare fuori dal percorso prestabilito e perciò non sapeva orientarsi.

Con gioiosa sorpresa il diavolo s’accorgeva della debole resistenza che opponeva l’Avversario suo. Poche pressioni per far tornare il Sole – il che aveva fatto perdere tempo prezioso – poi lo lasciava addirittura sbagliare strada. Ma forse per il suo Avversario la partita era già irrimediabilmente perduta e quindi non aveva più senso nemmeno guidare l’astro al ritorno.

«Allora – pensava il diavolo – ho già vinto! Non ci sarebbe mai stata la tanto promessa vittoria del bene sul male, ma l’amarezza e il fallimento di Dio e dei suoi fedeli».

Mentre a questo pensava, l’antico Ribelle volava verso la nostra Terra più che mai smanioso di toccare con mano il risultato della sua azione.

«Che capolavoro di astuzia – pensava tra sé – scacco al Re dell’Universo! I suoi angeli beffati e quello stupido Sole sepolto nei ghiacci della calotta cosmica!»

Già, perché a quel punto il Dio dell’Universo che poteva fare, se non applicare la sua terribilissima giustizia?

Facendo queste riflessioni, il principe dei diavoli proseguiva la sua corsa, euforico, ma non ancora del tutto. Infatti, dopo l’iniziale esultanza, già cominciava ad avere qualche timore. Già, perché l’estrema facilità dell’operazione gli faceva venire dei sospetti. Un po’ come un ladro che trovando tutto aperto e incustodito, teme l’insidia nascosta, la trappola.

Ma l’incontro con angeli dall’espressione triste e sconsolata lo rassicurò.

«Ah, ah, ah, allora ho vinto! – esclamava sogghignando platealmente. – guarda che facce! Ormai non ho più dubbi: è vittoria piena». -

Cercava allora di accelerare per portarsi il più rapidamente possibile sul luogo del delitto. Là avrebbe potuto gustare in modo ancora più pieno il suo straordinario trionfo. Le ore gli sembravano secoli e i giorni millenni, tanta era la sua fretta di arrivare.

Dopo dieci giorni, eccolo vicino alla postazione solare, ma proprio in quella zona s’era formata una nebbia cosmica fittissima, per cui dovette rallentare e procedere a una velocità molto ridotta. Non tanto per evitare assai improbabili scontri con altri esseri alati o meteoriti, ma per il timore di essere investito da qualche sbruffo di nebbia santa a cui era particolarmente allergico. Riteneva infatti assai probabile una vendetta di questo tipo da parte dei fedelissimi di Dio, per questo motivo avanzava lento e guardingo, sempre pronto a schivare eventuali gavettoni santi.

«Devo essere prudente!» diceva tra sé, e con grande fatica reprimeva l’istintiva fretta di correre a vedere.

 

Intanto il Sole che faceva? Questi seguendo un percorso alternativo aveva ritrovato la strada e stava velocemente rientrando nel suo Universo.

«Confesserò con coraggio la mia colpa – diceva tra sé – e dopo venga pure il meritato castigo».

E, naturalmente, già si immaginava in quello spaventoso carcere stellare, sommerso da enormi blocchi di ghiaccio che lo avrebbero spento, ma non ucciso. Insomma, era una specie di morte viva quello che lo attendeva; una cosa infinitamente peggiore dell’annullamento totale. E a rendere la sua condizione ancora più amara, ci sarebbero state le beffarde risate del tentatore! A questo il Sole pensava, sempre in preda, naturalmente, a una paura e a un’angoscia indicibili.

Lucifero nel frattempo procedeva con molta lentezza, sempre timoroso di un angelico agguato, ma ormai sicuro della vittoria.

«Vogliono ritardare il mio ingresso trionfale sulla Terra, ma la sostanza non muta! Io ho conseguito una grande vittoria».

Poi ecco gli appaiono due angeli che non cercano affatto di insidiarlo con acqua santa o altro, ma semplicemente lo salutano così: «ciao, Luciferone!» Con un accento lievemente ironico che però sfuggì a Lucifero il quale così pensava: «Ma guarda, adesso anche gli angeli mi salutano con rispetto. Vuoi vedere che alcuni di loro saranno tentati di salire sul carro del vincitore?»

Un po’ più avanti, vide un altro angelo, che con accento ancora più ironico esclamò: «Ciao, Luciferone!»

«Qualcuno mi dileggia, - diceva tra sé il tentatore, - ma per poco si riderà di me. Non appena avrò raggiunto il pianeta, sarò io a ridere di tutti i miei avversari».

E mentre si addentrava a fatica in quell’enorme banco nebbioso, pensava: «questa nebbia, mi fa rallentare, ma mi fornisce la prova sicura del mio trionfo. Se c’è la nebbia, un altro sole non è stato messo e quindi per la vita terrestre è proprio finita. Il che, naturalmente, rende irrealizzabile il piano della Redenzione».

E sogghignava, sogghignava in modo sfrenato ogni volta che intravedeva un angelo passare.

Nel frattempo il Sole, che passando per un’altra strada aveva aggirato il banco di nebbia, si era portato abbastanza vicino alla sua orbita. Poter rivedere, sia pure per breve tempo, quegli spazi familiari era per lui una piccola consolazione. Era un po’ come morire nel proprio letto.

Ma ben presto risprofondò nel terrore più completo. Si fermò a una certa distanza dalla sua sede operativa senza più osare avanzare. Un po’ perché non si sentiva più degno di rioccupare quel posto, un po’ per non accrescere il suo strazio alla vista di un pianeta divenuto morto per colpa sua.

Ed aspettava con un’angoscia e uno sgomento indescrivibili la temutissima resa dei conti.

Ma Dio non aveva fretta e la tormentata attesa del povero astro si allungava.

A un certo punto, però, ecco che si avvicina l’Arcangelo Michele.

Il Sole, naturalmente, si aspettava un durissimo e meritatissimo rimprovero; volle prevenire l’arcangelo e perciò si accinse a umiliarsi e ad autoaccusarsi. Ma Michele lo prevenne con un cenno e soltanto gli disse: «Rallenta, vai più piano!»

Che voleva dire questo? L’astro non capiva, ma confidando nella superiore sapienza dell’Arcangelo, rallentò.

«Più piano ancora» bisbigliò dolcemente Michele.

Il Sole era preso da un indescrivibile stupore; l’Arcangelo gli parlava con la dolcezza di sempre, come se nulla di rilevante fosse successo. Evidentemente avevano trovato il modo per far sopravvivere il pianeta, anche in condizioni apparentemente impossibili, ma come? E quanta misericordia nei suoi confronti! Gli erano stati risparmiati persino gli ammonimenti verbali!!!

Incomprensibile, ma straordinario! E comunque riconducibile a questa semplice ed elementare spiegazione: l’errore più grosso è quello di voler fissare dei limiti alla previdenza e alla misericordia divine.

L’incubo della dannazione era comunque finito e il Sole avvertiva ora tutta la dolcezza del sollievo, della liberazione e della pace. Sola gli restava una curiosità marginale: perché quell’ordine di andare più piano? Già da troppo tempo la Terra era priva della sua naturale fonte di calore e di vita, non era allora molto più logico accelerare? Ma l’Arcangelo non tardò a fornirgli la spiegazione: «I sopravvissuti si sono ormai abituati alle tenebre, con un improvviso ritorno li accecheresti, cerca di capire».

Il Sole non trovava parole per esprimere la sua infinita gratitudine e il suo straordinario stupore. Dimezzò la velocità come gli era stato detto e l’Arcangelo gli sussurrò: «Così va bene!»

Nel frattempo anche il diavolo arrivava in prossimità della Terra, per scoprire con rabbia e sgomento che nel pianeta la vita non era ancora spenta e che il Sole stava già riprendendo servizio.

Come aveva potuto la vita terrena resistere a tanto gelo? Eppure non c’era traccia di intervento soprannaturale; se ci fosse stata l’avrebbe fiutata sicuramente.

E allora? come mai?! Neppure lui fu lasciato senza una spiegazione. Nel cielo lesse la scritta: “Effetto torta nello stampo: se lo ribalti ne resta quasi sempre uno strato appiccicato”.

Nel caso in questione era successa una cosa analoga; per effetto gravitazionale una sfogliolina di sole era rimasta al suo posto e, ancorché molto piccola, bastò a tenere in vita una parte della popolazione umana, animale e vegetale. Ma si poteva interpretare la cosa anche in altro modo: il sole, come essere astrale era divisibile e dunque la parte migliore di sé non se n’era mai andata.

Ad accrescere la rabbia e la delusione del tentatore fu un messaggio a lui indirizzato: “GRAZIE, LUCIFERONE DELLA PREZIOSA COLLABORAZIONE!” Firmato da tutti gli angeli.

Dunque, Dio non soltanto aveva vinto, ma aveva saputo volgere a suo vantaggio anche l’operato dell’Avversario.

In parole povere, aveva in parte assecondato l’azione di Lucifero per operare la grande glaciazione: una prova tremenda per l’umanità di allora, costretta a vivere pericolosamente vicino ai vulcani e a muoversi nelle tenebre e nel gelo. La glaciazione fu però anche risanatrice, perché malattie infettive furono debellate e, una volta finito l’incubo glaciale, la qualità della vita migliorò.

Quei giorni, però, furono assai duri: gli uomini guardavano sgomenti quella sfogliolina di sole dai debolissimi effetti che minacciava di consumarsi presto anch’essa e pregavano come non avevano fatto mai il Signore dell’Universo.

Ritenevano, infatti, che la sparizione del Sole fosse stata un castigo per i loro peccati (e certamente a Dio non dispiaceva questa interpretazione del fenomeno) e quindi ce la mettevano tutta per meritare il perdono e la cessazione della pena.

Quando poi videro il sole avvicinarsi più luminoso e più bello di prima, si abbracciarono presi da una commozione ineffabile. Che meraviglia! Soltanto chi ne è stato privato può capire pienamente quale dono straordinario è il sole.

Ringraziarono Dio con la ferma intenzione di diventare migliori e infatti per un lungo periodo lo furono.

Lucifero, dal canto suo, avvilito e scornato fuggì lontano lontano e andò a precipitare in quella orrenda ghiacciaia cosmica che credeva destinata al Sole disubbidiente. Là più volte si mangiò la coda dalla rabbia; non voleva vedere nessuno, nemmeno i suoi, per non dover render loro conto dello smacco subito.

Purtroppo fu una crisi solo passeggera. Tra non molto, infatti, dopo aver ripreso l’antica autorevolezza nei confronti degli altri diavoli, sarebbe tornato a seminare i suoi cattivi consigli più che mai deciso a ostacolare la salvezza degli uomini.

Grazie al suo intervento s’era comunque verificata la grande glaciazione che esternamente e internamente purificò il mondo; un’anticipazione di quella purificazione finale e definitiva che avverrà alla fine dei tempi.